martedì 29 settembre 2009

Quando Gimada, suo malgrado, fu pioniere del web

Sulla nascita della web sitcom Effesse (poi diventata Fuori Sede) avrò rilasciato almeno una ventina di interviste, tra giornali e televisioni (sic!). Ma all'approssimarsi dei 5 anni dalla sua creazione e all'ormai affievolimento di un qualsiasi interesse, m'è venuta voglia di tornare a parlarne. Soprattutto per riflettere sul web e su come sia cambiato radicalmente in pochissimo tempo. Ma partiamo dall'inizio. Nell'ottobre del 2004 non c'era ancora Youtube, l'Adsl non era ancora così diffuso e della multimedialità di internet se ne parlava più nei giornali e in ambiente accademico che nella vita quotidiana. In questo contesto un gruppo di compagni d'università (Gimada), dediti alle goliardie, decise di girare una sitcom sulla vita dei fuori sede. Ne venne fuori un prodotto amatoriale, scombinato, povero ma sincero. Fin qui nulla di nuovo. L'idea che ha fatto la differenza, allora, fu quella di diffonderla in rete. A ripensarci oggi sembra una cosa banale, ma allora non lo fu. Facemmo un sito (in realtà lo fece Giampiero, io allora non ne capivo niente di html) e ci caricammo le 6 puntate realizzate, dando vita a quella che diventerà la prima web sitcom italiana. In poco tempo fu il delirio. Iniziò un giro di passaparola su internet e nell'arco di pochi mesi la sitcom fu vista da Palermo ad Aosta, arrivarono mail e commenti da ogni dove. Ci contattò la televisione nazionale (prima Italia1 e poi rai3) per realizzare dei servizi su questo "fenomeno" e a ruota decine di articoli di giornali. Minchia! E chi se l'aspettava! Tempo dopo arrivammo addirittuta a farcela produrre dal portale studenti.it... A rifletterci oggi tutto è molto più chiaro, ma allora... Allora sul web i contenuti video di lingua italiana erano scarsissimi, che mi ricordi alcuni portali di cortometraggi e poco altro, e fruire contenuti video nuovi escludendo la tv era una grande novità. Una novità che piaceva. Quasi in contemporanea devono averlo capito anche altri perché nell'anno seguente ci fu un vero e proprio exploit del video in rete, a partire da youtube. E molte cose sono cambiate. Al punto che io, e molte altre persone come me, utilizzo internet non solo come principale mezzo di informazione ma anche di intrattenimento (abbandonando la tv). Quando torno a pensarci rivedo quei giorni come pionieristici, di frontiera. E, nel mio piccolo, sono contento di averli vissuti.

domenica 27 settembre 2009

Il Paese di Rubik

In questo momento della mia vita mi tormentano fondamentalmente due cose: la situazione politico/sociale del mio Paese e quel maledette cubo di Rubik poggiato sul mio comodino. In entrambi i casi tutto è fuori posto. Che siano valori costituzionali o che siano caselle colorate le cose non tornano. E il groviglio nella mia testa peggiora da quando ho iniziato a fondere le due cose. Il quadrato bianco non dovrebbe stare nella facciata azzurra, il lodo Alfano non dovrebbe stare all'interno di un ordinamento che stabilisce che la legge è uguale per tutti, se sposto il quadrato rosso (cazzo!) mi si spagina la facciata verde, vada bene la difesa contro il terrorismo ma (cazzo!) a questo scopo non possiamo massacrare centinaia di uomini innocenti, mi ritrovo sto quadrato giallo sempre da tutt'altra parte, mi ritrovo la propaganda governativa all'interno di ogni spazio del servizio pubblico... ad libtum sfumando. Non so come venirne fuori. Nonostante ciò, quel maledetto cubo di Rubik sta sempre sul mio comodino. E non ho intenzione di cedere.

martedì 22 settembre 2009

[zero]



Perugia, febbraio 2005

Immagina un uomo
pensalo in una stanza, seduto
poi immagina il silenzio...

lunedì 14 settembre 2009

Sulla censura...



quattro parole sulla censura... come? tre parole sulla censura... non va bene? due parole sulla censura... troppe? una parole sulla censura... nemmeno? va beh, è un video in cui non si parla di niente...

giovedì 10 settembre 2009

Lost Zone - ... sul progetto (parte III)


... segue i post parte I e parte II


Conclusosi il periodo di transizione che seguì la nascita della Zona Franca, e acquietata l'opinione pubblica, il regime iniziò ad interferire nella vita della Zona. La preoccupazione della dittatura era che i dissidenti potessero riuscire davvero a creare uno stato alternativo: certo i ribelli erano poveri e senza mezzi ma ugualmente c'era il rischio che mettessero su uno mini-stato organizzato e che potessero invogliare sempre più cittadini a trasferirsi. Insomma, se i dissidenti della zona dovessero crescere potrebbero diventare realmente una minaccia per il regime, rendendo vana l'idea originaria della Zona Franca. Quindi la dittatura istituisce un corpo paramilitare, dal nome di Lost Zone Guardians, che ha ufficialmente il compito di controllare i confini tra lo stato nazionale e la Zona Franca, ma che in realtà ha l'obiettivo di localizzare e sabotare ogni attività di rilievo all'interno della Zona.

Da questo punto della storia inizia una vera e propria guerra tra regime e dissidenti, una guerra interamente combattuta nel territorio selvaggio della Zona Franca (che da questo momento in poi verrà chiamata dal regime Lost Zone).


Ecco, a grandi linee è questo l'universo diegetico di Lost Zone. Ovviamente ogni aspetto di questa struttura narrativa merita un approfondimento, e mano a mano che ci lavoro arricchisco il tutto di dettagli e sfumature. In questa ardua impresa non sono solo ma ho l'apporto prezioso di una collaboratrice, Manuela, che con le sue proposte e le sue riflessioni contribuisce non poco a rendere credibile questa ingarbugliata vicenda.

Che è solo all'inizio...

mercoledì 2 settembre 2009

Lost Zone - ... sul progetto (parte II)

Proseguo quest'abbozzo di serial iniziato nel post precedente. Lì ho fatto una sintesi sulle premesse politiche e sociali che portano alla nascita della cosiddetta Zona Franca, mentre ora mi vorrei soffermare sulla Zona Franca vera e propria. Dunque, abbiamo detto che si tratta di un territorio al di fuori della giurisdizione del regime in cui è concesso trasferirsi in caso di dissenso.


Il territorio in questione fu scelto perché, seppur piuttosto florido, era a forte rischio sismico, e nel corso degli ultimi decenni aveva subito diversi terremoti. La mancanza di una politica di messa in sicurezza aveva portato ad uno spopolamento graduale della zona, sino a renderla ormai disabitata. Il regime, per evitare che tornassero alla mente polemiche poco gradite, aveva preferito abbandonare la zona. Questo fino al giorno in cui idearono la Zona Franca. Quello era il territorio ideale: libero da insediamenti e interessi economici e poi poco apprezzato dal cittadino medio.


Al momento dell'istituzione della Zona Franca, i primi che vi si trasferirono furono i gruppi clandestini di dissidenti. Avevano forti dubbi sull'autenticità di questa zona, ma la morsa repressiva del regime li stava dissanguando e, seppur consapevoli del rischio, decisero comunque di tentare. Ed ebbero ragione. I primi mesi la Zona Franca appariva davvero come un paradiso in terra, principalmente perché finalmente erano liberi di incontrarsi e parlare liberamente. Certo, era una terra selvaggia ed era difficile anche procurarsi l'acqua e il cibo, ma ai dissidenti l'adrenalina di essere tornati nuovamente liberi faceva sopportare tutto il resto.


L'idillio però, non durò molto. Passati i primi mesi, in cui c'erano gli occhi dell'opinione pubblica puntati su questa zona, qualcosa cambiò. Radicalmente. E Il regime tornò a mostrare il solito volto...