mercoledì 24 febbraio 2010

Io ne ho viste cose...

L'altra notte mi trovavo su un tetto di una megalopoli, sotto una pioggia incessante, tra fumi di scarico e l'odore del silicio bruciato. Seduto davanti a me, a petto nudo, un tipo biondo, presumibilmente svedese.

Ad un certo punto, con tono enfatico, comincia a dire:

"Io ne ho viste cose che voi italiani non potreste immaginarvi. Politici che, sorpresi a rubare, prima si dimettono e poi vengono processati. E ho visto una televisione che fa informazione e che racconta i fatti così come accadono. Ho visto soldi pubblici spesi per l'interesse della collettività. Ho visto il rispetto dei diritti civili anche nei confronti degli immigrati. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo... come lacrime nella pioggia. E' tempo... di emigrare."

Dopodiché una colomba bianca spicca il volo e il tipo biondo la guarda con empatia, forse pensando all'aereo per Stoccolma che avrebbe preso il giorno dopo...

mercoledì 17 febbraio 2010

Le Gocce Che Fanno Traboccare Il Water

Sì lo so, è da tempo che parlo di questo lungometraggio indipendente al quale lavoro da oltre due anni, Teleaut. Sarebbe dovuto uscire già da qualche mese ma continui problemi di produzione ne hanno ritardato l'uscita. Però noi teniamo duro e presto riusciremo a vederlo finito e pubblicato.

Nel frattempo però voglio pubblicare in anteprima una piccola clip tratta dal film, uno di quei video che i protagonisti della storia mandano in onda sulla tv pubblica piratando il segnale televisivo ufficiale...

Avendola realizzata io questa azione, è stata invasa da venature comico/grottesche, ma che volete, è questo il mio stile...


venerdì 12 febbraio 2010

L'Era Glaciale degli editor

Insomma, il fatto è che a Roma di neve davvero non ne fa mai, per cui stamattina ci siamo sentiti tutti vagamente euforici. E se un manipolo di montatori esce dalle proprie stanze per perdersi nella capitale innevata... beh, non poteva non venirne fuori almeno un video.

martedì 9 febbraio 2010

Le parole sono importanti

Viene chiamato Cie (Centro di Identificazione ed Espulsione) ma in realtà è un lager. Viene chiamata politica ma in realtà è semplice perseguimento di interessi personali. Viene chiamata fatalità ma in realtà è mancanza di controlli. Viene chiamato desiderio di legalità ma in realtà è razzismo. Viene chiamata lotta alla diffamazione ma in realtà è censura. Viene chiamato statista ma in realtà è un ladro. Viene chiamata informazione ma in realtà è ufficio stampa dei potenti. Viene chiamato Stato ma in realtà è una SPA. Le parole sono importanti. Come direbbe Nanni Moretti chi parla male, pensa male e vive male. Vogliamo cambiare le cose? Iniziamo a chiamarle con il loro nome.


mercoledì 3 febbraio 2010

Note a piè di Borat

Uno dei rischi principali del conformismo è che inserendo al proprio interno anche le cose più nefaste queste vengono accettate senza fare troppi problemi. Facciamo l'esempio del razzismo. Se uno dice "I negri sono delle bestie inferiori" crea scandalo, l'affermazione viene condannata, chi dice questa frase viene considerato un razzista. Se però lo stesso concetto viene espresso seguendo le regole del conformismo culturale, quindi calibrando parole politicamente corrette, l'affermazione non viene percepita più come razzista, o comunque molto meno. E come per il razzismo lo stesso ragionamento lo si può applicare agli omosessuali, alle diverse credenze religiose o politiche. Basta confezionarla in una forma politicamente corretta e fare attenzione all'utilizzo delle etichette giuste che anche le affermazioni più violente, xenofobe, dittatoriali vengono socialmente accettate senza battere ciglio dalla maggior parte delle persone, anche dalle brave persone.

In questo contesto quelle opere artistiche "politicamente scorrette" hanno un forte valore, perché sbattono in faccia alla gente l'ipocrisia di cui è intrisa la nostra cultura. Nella produzione degli ultimi anni c'è stato un film che può rientrare a pieno titolo nel politicamente scorretto, ovvero Borat: studio culturale sull'America a beneficio della gloriosa nazione del Kazakistan. Il film è uscito pochi anni fa e molti immagino se lo ricorderanno. Il personaggio di Borat Sagdiyev, creato da Sacha Baron Cohen, è un giornalista kazako misogino, antisemita, razzista che va negli Stati Uniti per fare un documentario sulla cultura a stelle e strisce. Pur trattandosi di fiction, una buona parte del film è realizzato in stile candid camera, ovvero Sacha si spaccia davvero per Borat e registra le autentiche reazione degli ignari intervistati. A contatto con i più disparati yankee riesce a metterli continuamente in imbarazzo facendo traballare, in un vortice irrefrenabile, tutte le certezze e le ipocrisie di una cultura carica di pregiudizi. Il film, che può far morire dal ridere come mettere a disagio (a seconda della propria sensibilità), è molto scorretto e si è portato dietro una miriade di polemiche. Ma l'unico ad uscirne con le ossa rotte è il finto perbenismo della cultura americana. Magari non tutto il film riesce a mantenere un buon livello e di certo non tutte le scene sono costruite con la stessa efficacia, ma l'approccio politically uncorrect di questo film ha, secondo me, colpito nel segno. Questo film, come del resto anche altri con questo approccio, provocandoci uno strano disagio riescono a sbatterci in faccia tutta l'ipocrisia nella quale viviamo. E poco male se i perbenisti si scandalizzano per le volgarità. Farebbero meglio a scandalizzarsi per la loro ipocrisia.

lunedì 1 febbraio 2010

L'Allergia

Partiamo dalla fine. Ieri ho ultimato il trasloco abbandonando definitivamente la casa vecchia, casa in cui ho trascorso gli ultimi quattro anni romani. In questo fatiscente appartamento avevo condiviso per lungo tempo la stanza con Giampiero, collega di follie audiovisuali oltre che carissimo amico. Bene, nei lunghi periodi di disoccupazione, in quella folkloristica casa dal sapore neorealista, abbiamo prodotto un numero spropositato di video. Principalmente per ammazzare il tempo tra un colloquio di lavoro andato a male e una porta sbattuta in faccia. Alcuni son venuti carini, come per esempio il cortometraggio I Pre-Occupati (di cui ho già parlato tempo fa), altri invece sono venuti delle autentiche minchiate, totalmente sconnessi. Oggi, in omaggio alla casa che ho abbandonato, posto uno di questi video. Il titolo del corto è L'Allergia (anno 2006) e racconta in parallelo due risvegli: quello cinematografico in cui al mattino c'è il sole, ci sono gli uccellini che cantano, la tavola è già apparecchiata ecc... e quello reale, quello in cui il mattino è buio, gli uccelli se ne sbattono di cantare e l'unico rumore che ascolti è quello del traffico. Tecnicamente è fatto, se mi passate il termine, a cazzo di cane. Anche se i titoli di coda continuano a divertirmi ogni volta che li vedo.


L'Allergia from Danilo Melideo on Vimeo.