
martedì 11 gennaio 2011
Self Portrait

mercoledì 29 dicembre 2010
La sottile linea rozza
Rielaborando una nota frase di Rudvard Kipling : Tra lucidità e follia c'è solo una sottile linea rozza.
venerdì 17 dicembre 2010
Il postulato geometrico delle parallele violente

La prima cosa che viene in mente è che questi signori appoggiano allegramente missioni di guerra che di non violento hanno ben poco. Ma non voglio focalizzarmi su questo ora, che è lapalissiano come ragionamento. Bensì su qualcos'altro di meno evidente
Questi politici da ormai un anno ci fracassano le scatole con le celebrazione del risorgimento. Ora, il risorgimento come credete che sia stato raggiunto? Facendo cortei pacifici? Da quello che mi risulta il risorgimento, l'unità della nostra nazione, è stato raggiunto per merito di lotte dure, violente. E' stato raggiunto attraverso l'unica lotta che poteva concretamente portare il potere a prendere in considerazione gli oppressi. E' di questa lotta violenta, aggressiva, i nostri politici si fanno esaltatori. Si, d'accordo, i tempi erano diversi, ma il rapporto potere - popolo non è di molto cambiato. Nel palazzo continuano a fare il cazzo che gli pare e i cittadini subiscono.
Quindi la riflessione che ne viene fuori è che il loro ripugnare gli atti del 14 dicembre non è una dichiarazione contro la violenza, ma un'attacco esclusivamente a quella protesta. La violenza va benissimo per gli obiettivi che si condividono ma è gravissima quando non se ne condividono gli scopi (e lo credo bene, visto che sono loro i soggetti contestati).
Dico questo perché, da pacifista, non sopporto chi in maniera arrogante si appropria della istanze non violente a proprio uso e consumo, soltanto quando gli fa comodo. Io, con tutta sincerità, li schifo.
lunedì 29 novembre 2010
fredderiflessioni

mercoledì 29 settembre 2010
L'imbarazzo della scelta. Anzi, solo l'imbarazzo

Fare il batterista ad Harlem, aprire una yogurteria in Afganistan, fare il latitante senza aver commesso niente, trasferirmi ad Oslo e scrivere i manuali dell'Ipad in norvegese, adibire la cantina a laboratorio per fusioni nucleari, comprarmi un deltaplano per fare il lavavetri nella tratta aerea Roma-Dublino, fare il paroliere per il prossimo album di Battiato, fotografare le persone che passano davanti casa nella speranza di veder passare qualcuno di famoso e vendere le foto a Oggi, mandare il curriculum all'ambasciata dell'Onu sperando che la mia laurea in Scienze della Comunicazione posso farmi avere un posto nella delegazione "contatti con gli alieni".
martedì 14 settembre 2010
A mio rischio e pericolo

domenica 5 settembre 2010
Libertà nella polvere

Lì dentro, tra quelle pagine, scrivevo durante i viaggi in treno, nelle sale d'aspetto delle stazioni, cercando di fermare un'inquietudine espressiva che non si poteva controllare. Immagini e pensieri lasciati randagi, in libertà. Poi il taccuino con la copertina di cuoio si è riempito di pagine scritte ed è finito in un cassetto a prendere polvere. Cosa c'è scritto in quel taccuino? Come direbbe John Fante: chiedi alla polvere.
Riguardando oggi quel taccuino con la copertina di cuoio penso che non basta essere liberi, ma bisogna esercitarla la proprio libertà. Poter dire quello che si pensa ma non farlo, nei fatti, non è molto diverso dal non poterlo dire. L'auto censurarsi a volte ha l'aria arrogante di un'offesa alla propria libertà. Ed io sono una persona educata e non la voglio offendere.
martedì 24 agosto 2010
Nei corridoi deserti del livello 9

Penso a questo mentre cammino alle 4 del mattino nei corridoi deserti del livello 9 dell'ospedale. Far convivere persone che si disprezzano solo a causa di un legame di sangue mi sembra un barbaro retaggio tribale. E intanto ascolto il rumore di un'ambulanza dall'alto del livello 9 di quest'ospedale. Non sempre i panni sporchi si possono lavare in casa, a volte serve una lavanderia. Minacce, aggressioni, estorsioni ti sembrano solo parole da telegiornale ed ora stai con una flebo dall'altro lato di queste pareti. Che sono bianche, bianchissime, anche se sono passate le 4 del mattino, qui, al livello 9 dell'ospedale. Scendo sotto a fumare una sigaretta, dove le pareti non sono più bianche e il silenzio è rotto da continui ronzii. Che tanto c'è da aspettare. La sigaretta brucia e i ronzii continuano. Ma quanto c'è da aspettare? La famiglia, un pò come Guantanamo, è un'istituzione che andrebbe smantellata. E' questo che mi ripeto aspettando l'ascensore che mi dovrebbe portare al livello 9 dell'ospedale.
sabato 21 agosto 2010
Against the sea le grand hotel Sea-Gull Magique

giovedì 17 giugno 2010
E non solo allora

martedì 25 maggio 2010
Il numero 100
Ma continuare a cogliere quelle sfumature che ci emozionano, continuare a posare il pensiero negli angoli poco illuminati dalla luce dei lampioni, continuare a ridere sulle contraddizioni offuscate, continuare a guardare con occhi mai distratti quei momenti che altrimenti andrebbero persi... beh, quello no, non mi sembra affatto inutile.

domenica 2 maggio 2010
Quattro chiacchiere macchiate di viola
mercoledì 14 aprile 2010
Il rivoluzionario 2.0

mercoledì 31 marzo 2010
La grande truffa del contraddittorio tv

mercoledì 24 marzo 2010
I nostri tiranni

domenica 21 marzo 2010
Incongruenze Stellari

martedì 16 marzo 2010
la decadenza

martedì 9 marzo 2010
Tempi Moderni
Ah, la frenesia dell'epoca moderna! Ma il problema non è mica lo stress, il nervosismo che provoca il traffico o altre minchiate affini. Questi sono argomenti da talk show. Il danno che provoca questo stile di vita a mio avviso è di tutt'altro genere e decisamente più grave che qualche smadonnamento al semaforo. E riguarda l'utilizzo del tempo. Ci hanno confezionato una vita traboccante di ansie e di bisogni, di cose da fare e scadenze da rispettare fino a farci abbandonare quell'abitudine che ha contraddistinto per secoli l'uomo: quella di fermarsi a riflettere. Può sembrare una banalità ma con una vita a questi ritmi frenetici succede che è meglio dieci minuti di telegiornale che passare una serata a capire la dinamica di un qualsiasi evento, è meglio ragionare per stereotipi che ci si fa un'idea sommaria di tutto che approfondire dinamiche e contesti, meglio utilizzare il sempre minor tempo libero per cazzeggiare che tornare ad impegnarsi ancora. E' comprensibile che si finisca così, non nego che capita anche a me. Ma una società a questi ritmi poi fa sì che la gente sa meno e quello che sa è incompleto o falsato. Insomma tutta sta pippa per dire che secondo me, con dei ritmi di vita più distesi molti degli abomini che l'uomo qualunque accetta... beh, non ci sarebbero più.
Ovvio che i problemi sociali che ci attanagliano non dipendono solo da questo, ci mancherebbe. Però la sua influenza ce l'ha, oh se ce l'ha.
Chiudo il post con un piccolo video, che ho girato tornando a casa dal lavoro. Un piccolo video che contiene un ancor più piccolo consiglio...
mercoledì 3 marzo 2010
Il film è mio e ci metto tutti i conigli che voglio

Ok, ok, faccio pubblica ammenda. Adoro i film "psichedelici", visionari, sconnessi. Sì, si, proprio quelli che "non si capisce una mazza". Quelli che "Ma cosa minchia voleva dire?" Però a sto punto qualche precisazione la voglio fare, perché sarò pure strano ma questa mia passione non è insensata.
Dunque, se un film non segue i rigidi schemi della struttura narrativa viene generalmente bollato come una porcheria. Come se l'unico stile socialmente accettato sia quella di prologo - svolgimento - conclusione. E invece, diobbono, esiste un altro stile di racconto che non procede seguendo una logica narrativa ma bensì una logica esclusivamente emotiva. Un susseguirsi di associazioni visive e sonore che puntano a comunicare una stato emotivo senza la sovrastruttura della narrazione. Sono perfettamente consapevole che è uno stile, per sua natura, di nicchia: il linguaggio narrativo è universalmente condiviso per cui utilizzandolo si ha la garanzia che il messaggio venga recepito da tutti. Il linguaggio emotivo, viceversa, è del tutto soggettivo. Dipende dalla sensibilità dello spettatore. E se guardando un film di questo tipo non si entra in sintonia con la sua emotività ovviamente rimane la struttura narrativa. e se detta struttura è assente o molto sconnessa ecco che viene legittimo il "ma non si capisce una mazza".
Ma a me spesso è capitato di entrare in sintonia con questo universo, e ad esempio alcuni film di David Lynch li trovo dei capolavori sublimi.
Da videomaker, molto umilmente, talvolta anch'io mi cimento a sperimentare questo stile di racconto. Il rischio di perdersi in un nonsense sterile è sempre presente. E' un territorio delicato ma se si imbocca la strada giusta riesce a tirarti fuori un grande potenziale emotivo. E se il risultato finale viene apprezzato solo da me e pochi altri... beh, chissenefrega. Come disse Lynch a proposito di INLAND EMPIRE "il film è mio e ci metto tutti i conigli che voglio"...
mercoledì 24 febbraio 2010
Io ne ho viste cose...

L'altra notte mi trovavo su un tetto di una megalopoli, sotto una pioggia incessante, tra fumi di scarico e l'odore del silicio bruciato. Seduto davanti a me, a petto nudo, un tipo biondo, presumibilmente svedese.
Ad un certo punto, con tono enfatico, comincia a dire:
"Io ne ho viste cose che voi italiani non potreste immaginarvi. Politici che, sorpresi a rubare, prima si dimettono e poi vengono processati. E ho visto una televisione che fa informazione e che racconta i fatti così come accadono. Ho visto soldi pubblici spesi per l'interesse della collettività. Ho visto il rispetto dei diritti civili anche nei confronti degli immigrati. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo... come lacrime nella pioggia. E' tempo... di emigrare."
Dopodiché una colomba bianca spicca il volo e il tipo biondo la guarda con empatia, forse pensando all'aereo per Stoccolma che avrebbe preso il giorno dopo...