lunedì 18 ottobre 2010

biancosgretolato


Facciamo che la nostra società è una casa. La prima cosa che ci salta all'occhio è che è sporca. Piena di polvere, di macchie, di briciole, di cartacce. E visto che la stanza è nostra diciamo, beh, diamogliela 'na pulita, dopotutto ci dobbiamo vivere tra queste mura. Ci facciamo una bella sudata ma alla fine la stanza è tutta linda. Ci sediamo un pò per prendere fiato e per ammirare il nostro lavoro. Oh finalmente… A sto punto però ci accorgiamo che c'è ancora qualcosa che non va. Sì, va bene, è pulita. Ma è arredata proprio male. I mobili stanno nel posto sbagliato, la televisione è davvero troppo grande lì al centro della stanza, il letto messo lì proprio di fianco alla finestra che dà sulla chiesa, il frigorifero così ingombrante ma così poco capiente. E visto che la stanza è nostra diciamo, beh, diamogliela un'arredata decente, dopotutto ci dobbiamo vivere tra queste mura. Ci facciamo una bella sudata ma alla fine l'arredamento funziona. Via tutti gli orpelli inutili e fastidiosi, e quelli utili messi nei posti giusti. Ci sediamo un pò per prendere fiato e per ammirare il nostro lavoro. Oh finalmente… A sto punto però ci accorgiamo che la stanza è costruita proprio male. Ci vorrebbe una finestra verso il cortile, per far entrare più luce, ecco. E anche tutti questi muri sono orrendi, che rendono un labirinto passare da una stanza all'altra. E queste scale che sembrano portarti verso l'abisso. E visto che la casa è nostra diciamo, beh, diamogliela una sistemata, dopotutto ci dobbiamo vivere tra queste mura.
Però cominciamo ad essere stanchi. Non ci ricordiamo nemmeno com'è che si costruiscono le case, che tanto le abbiamo sempre trovate così, già pronte. Ci sediamo un pò, siamo confusi e anche un pò avviliti. E proprio in quel momento ci squilla il telefono. E' quel nostro amico, quello che un tempo viveva con noi. Ora è andato lontano. Siamo indecisi se rispondere al telefono oppure no. Che lo sappiamo quello che ci racconterà. Che la sua nuova casa è costruita bene, è ben arredata ed è facile mantenerla pulita. Alla fine decidiamo di non rispondere e chiudiamo gli occhi. Ad occhi chiusi stranamente vediamo tutto bianco. Non nero, come succede di solito, ma bianco. Sono le pareti della tua casa spoglia. E ad ogni squillo vediamo che crolla qualcosa. Pezzo dopo pezzo. E pensiamo: "Un giorno o l'altro ti verrò a trovare, vecchio amico mio. E magari mi cerco casa dalle tue parti."

6 commenti:

  1. Un post amarissimo, e purtroppo perfetto.

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  2. Tanto bello quanto triste. Verissimo. Bravo ;)

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  3. Il fatto è che un paese, una società, così come una casa , richiede una dedizione costante. Se c'è uno Statuto dei Lavoratori, se c'è una Costituzione, se ci sono dei diritti, frutto del sacrificio di chi ci ha preceduto non dobbiamo mai darli per acquisiti, ma coltivarli e preservarli ogni giorno, con perseveranza. Si corre il rischio altrimenti (come sta accadendo) di veder crollare la nostra abitazione. Se siamo in questa situazione è perchè, in determinate fase storiche, la tensione è calata. Dobbiamo stringere i denti, cercare di recuperare il terreno perduto anche perchè non sempre il prato del nostro vicino è più verde. Un caro saluto, Fabio

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  4. O magari con la morte nel cuore (oppure no) si decide di non aspettare questo lento ed agonizzante sgretolamento e si parte. Ma forse se si resta é perché si crede ancora possibile poter costrurire una casa adeguata dove siamo noi.

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  5. Volevo segnalarti sul mio blog il post dedicato alla vertenza degli allevatori della Sardegna. Ho realizzato anche una video intervista ad alcuni esponenti del Movimento dei Pastori Sardi. Un abbraccio, Fabio

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  6. Magnifica allegoria sulla nostra perdita di identità come nazione. E sarà dura ritrovarla.

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